Dotazioni infrastrutturali e Case della Comunità
08 MAG - Gentile Direttore,
come Centro Studi di Programmazione Sanitaria (CSPS) composto da cittadini dell’Associazione di Volontariato Comunità Solidale Parma (ODV-Runts) ci occupiamo in particolare di sostenere e proteggere le cure primarie di quartiere considerate bene comune per una comunità. Abbiamo letto con molta curiosità l’intervento che il Prof. Ivan Cavicchi ha pubblicato su QdS (Le dotazioni infrastrutturali? Sono il cuore della “quarta riforma”, ma è ciò che manca nella maggior parte delle proposte in circolazione) il 30 aprile 2024. CSPS ha considerato utile interrogare direttamente il Prof. Cavicchi per sapere cosa si debba intendere per “dotazioni infrastrutturali” e, con il permesso dello stesso Prof. Cavicchi, riteniamo possa essere utile rendere pubblico il carteggio intercorso in favore di qualche collega interessato al tema.
“Il concetto di infrastruttura, in urbanistica vuol dire “servizi di servizi” cioè strutture secondarie o complementari al servizio di strutture primarie finalizzate per il raggiungimento di certi scopi. Per esempio l’ospedale è una struttura pensata per ricoverare i malati essa tuttavia, per curare i malati ricoverati , ha bisogno di certe infrastrutture senza le quali la sua funzione sarebbe impossibile da svolgere.
In logica “struttura” è un concetto del “primo ordine” , quello che in sanità stabilisce i caratteri di base dei servizi mentre “infrastruttura” o “sovrastruttura” è un concetto del “secondo ordine” cioè è l’insieme di regole senza il quale l’ospedale come struttura non potrebbe funzionare.
Quindi il problema è semplice:
• non si può avere in sanità una struttura senza sovrastruttura
• se si vuole in sanità cambiare una struttura bisogna cambiare la sovrastruttura e/o l’infrastruttura
• qualsiasi cambiamento di una struttura a sovrastruttura/infrastruttura invariante è fallace cioè è un cambiamento farlocco.
Come ho già scritto (QS 6 maggio 2021) le Case di Comunità previste dal PNRR (missione 5) sono un cambiamento farlocco perché ripropongono la struttura del poliambulatorio specialistico della defunta Inam ma con una doppia invarianza:
• quella sovrastrutturale tipica degli ambulatori della mutua
• quella aziendale che oggi sovraintende tutte le strutture sanitarie quindi compresa la Casa della Comunità
La Casa della Comunità anziché essere gestita direttamente dalle mutue, come ai tempi dell’Inam, oggi è gestita dall’Azienda. Quindi in modo verticistico e monocratico nel senso che, nella sua idea di gestione, la comunità è esclusa. Cioè sono esclusi sia i cittadini che gli operatori che compongono la comunità. Cioè l’idea di comunità in quella di Casa della Comunità non implica, come nell’idea generale del Welfare Community, una partecipazione sociale dei soggetti ma (per la semplice ragione che la partecipazione sociale è in piena contraddizione con la gestione aziendale), se a gestire i servizi ci fosse la comunità… l’azienda non sarebbe più azienda.
Per cui l’inganno.
Siccome l’azienda non è in discussione (anche se dovrebbe esserlo) ad azienda invariante il PNRR fa finta di cambiare le strutture ma senza cambiarle.
Ho già spiegato ampiamente le mie perplessità nei confronti di una sinistra che dimostra con il PNRR e con il DM 77 e il DM 70 di essere del tutto priva di un orizzonte riformatore e di essere prigioniera delle sue controriforme neoliberiste .
A queste perplessità mi permetto di aggiungere anche quelle nei confronti di quella cultura cattolica che seguo con interesse e che però incassa come un successo la “Casa di Comunità” rendendosi complice di un inganno sociale bello e buono.
Ingannare le persone è ingannare la comunità.”
Ringraziamo il Prof. Ivan Cavicchi per la squisita cortesia che ha voluto riservare ai nostri dubbi così che le elaborazioni culturali, a cui in nostro gruppo si dedica, possano essere epistemologicamente coerenti. Pare che il noto DM77 non apporti quindi nessuna sostanziale innovazione anzi il tema del “debito orario” dei mmg nei confronti dell’attività che dovrebbero essere svolte nella così detta “Casa della Comunità Hub” non può che aggravare la situazione organizzativa irreversibilmente, di giorno in giorno, senza che la narrativa sulle CdC abbia prefigurato un compenso sostanziale per le comunità (liquide?). Non si può nemmeno pensare di poter affrontare un tema così complesso come quello delle relazioni tra persone o delle comunità applicando il principio filosofico del decostruzionismo (Derrida, Heidegger) molto accademico, tuttora in via di dibattito e poco adatto a percorsi formativi dedicati a volontari delle CdC. Nel complesso appare che la questione sanità/salute e, nello specifico la riforma del territorio, sia così ingarbugliata e avanzata nelle sue contraddizioni interne ed esterne (globalizzazione e neo-liberalismo) che solo una movimento bipartisan, cioè un accordo condiviso e accettato da tutte le parti politiche parlamentari, può riformare (secondo la cornice della “quarta riforma”) e difendere la più importante opera pubblica del nostro paese: il SSN.
Se le comunità non ci sono più non possono nascere per normativa. Non ci sono nemmeno le collettività ma le connettività. Il plurale è drammaticamente diventato singolarismo. Per riuscire a convivere in un sistema-mondo complesso alcuni autori suggeriscono di provare ad orientarsi verso processi operativi ( es.: le buone esperienze topiche professionali e di volontariato, in atto da numerosi anni, ritenute di serie B dall’apparato decisionale che ha sempre preferito relazioni consociativistiche che, a loro volta, hanno condotto ad una situazione che, agli occhi dei cittadini e dei professionisti, è fortemente ammalorata) o sperimentali, anche se dopo poco inesorabilmente ci si ritroverà in un successivo sistema complesso. Proprio su QdS del 6 maggio 2024 Ivan Cavicchi ci regala un metodo straordinario che dovrebbe diventare il bagaglio fondamentale di ogni leader affidabile generativo di una eventuale principio di comunità (es.: il mmg fiduciario): l’imperativo categorico che inevitabilmente ci fa’ ricordare quel che resta di Ippocrate. In particolare Cavicchi richiama la frase di S. Agostino “Dilige et fac quod vis” (Ama e fa quel che vuoi)… Con una semplificazione ardita, speriamo non blasfema, si potrebbe dire: ama questa professione impareggiabile per professionisti e assistiti…. Il resto verrà tutto da sé. Ne consegue che amare non può stare con l’ignoranza, lo speculare, l’avvantaggiarsi o l’ingannare. Così come la non verità non ha nulla a che fare con l’amare.
Bruno Agnetti
Presidente Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV-Runts
Giuseppe Campo
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV-Runts
Vito Alessandro D’Ercole
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV-Runts
Maina Antonioni
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV-Runts
08 maggio 2024
© Riproduzione riservata