I prossimi Air, in un contesto in frenetico e velocissimo cambiamento, preparano alla de-pubblicizzazione dell’assistenza territoriale?

17 OTT - Gentile Direttore,
si racconta (ma lo ricorda lui stesso in una delle sue ultime pubblicazioni “Chiudo la porta e urlo” del 2024), che un giorno fu chiesto a Paolo Nori, il noto scrittore parmigiano esperto in letteratura russa, di argomentare sul tema “amore”. Lo scrittore espresse qualche titubanza iniziale e poi cercò di spiegare come nella sua cultura popolare di origine, soprattutto dialettale, non esistesse nessun termine che potesse essere sovrapponibile al termine “amore” inteso come lemma ideale e, nello stesso tempo, utilizzabile anche nella vita quotidiana quasi come un intercalare. La massima espressione emozionale nella cultura rurale, in questo senso, è sempre stata “At voi ben” cioè “Ti voglio bene.” In effetti in dialetto parmigiano “amor” pronunciato in modo allargato “a-mor” significa “sto morendo” e quindi diventa comprensibile l’horror vacui che può generare.

Lo stesso concetto è espresso da Luigi Malerba nel suo libro intitolato “Le parole abbandonate” del 1977.
Nori e Malerba, condividono inoltre un altro pensiero. Secondo i due autori la motivazione che porta un soggetto a scrivere serve proprio a chi scrive per auto-comprendersi con più chiarezza.

Il collegamento diretto che il nostro Centro Studi fortunatamente sperimenta con i professionisti delle cure primarie di quartiere ci ha permesso di poter ragionare sulle bozze di quello che diverrà l’Accordo Integrativo Regionale (AIR) della regione E-R. L’obiettivo è stato quello di riuscire a comprendere quale possa essere la visione di questo documento normativo che regolerà l’assistenza territoriale locale nei prossimi anni essendo tema che, per statuto, coinvolge la nostra associazione.

Le bozze documentali dell’AIR, verosimilmente stilate da qualche agenzia, verranno indubitatamente considerate, a livello istituzionale, molto buone. Come già ricordato nel contributo sul ragionamento abduttivo del 10 ottobre su QdS, ai potentati piace vincere facile grazie alle blindature controriformiste contenute nelle normative ufficiali. Tuttavia i testi presentano un notevole ostacolo alla fluida comprensione. Si notano profonde carenze culturali come il mancato riferimento essenziale ai principi internazionali Wonca per la medicina generale territoriale e alla teoria dei sistemi complessi che può funzionare da supporto paradigmatico fondamentale per l’attività assistenziale.

I medici territoriali non si chiameranno più medici di medicina generale ma medici del Ruolo Unico di Assistenza Primaria cioè “medici RUAP” e saranno suddivisi in “medici RUAP a ciclo di scelte” e “medici RUAP a rapporto orario”. I primi, a livello spannometrico, corrispondono ai “vecchi” medici di base. I secondi, sempre in modo molto approssimativo, sembrano ricordare i medici un tempo chiamati di Guardia Medica o di Continuità Assistenziale a cui verrebbero affidate numerose funzioni sia storiche che inconsuete.

Nell’AIR la professione medica viene definita “ruolo” anche se è una professione intellettuale, intrinsecamente irriducibile nella sua complessità. Ogni modello che comporta una separazione di una parte dal resto (cioè dal contesto) non riuscirà mai a raggiungere qualche obiettivo in quanto manca l’interpretazione corretta dei continui fenomeni emergenti tipici di questa professione. Così come una raccolta enorme di dati senza un progetto concreto pregresso (es.: disegno progettuale di Casa della Salute ora CdC) dimostrerà la completa inutilità delle informazioni. Pare invece che nelle bozze vi sia celata la ricerca ostinata di un profitto o di un consumismo tipicamente neoliberale.

C’è chi individua nella definizione di “ruolo” una depersonalizzazione occupazionale di un’attività libero professionale tale da rappresentare una profezia autoavverantesi di burnout come già ravvisato da Christina Maslach nei suoi studi (1976).

Altri percepiscono una pura azione performativa aziendale (di produzione e consumo).

Le contingenze portano altresì a pensare ad una solerte strutturazione organizzativa territoriale in favore di una strisciante privatizzazione dell’assistenza (vedi accordo Fimmg e lega Coop del 2024).

Anche l’organizzazione che pare emergere dalle bozze dell’AIR non sembra per nulla adeguata ai tempi. Il Distretto, che in molte nostre elaborazioni abbiamo definito perfettamente inutile, ritorna ad essere plenipotenziario gestionale soprattutto nei confronti dei medici RUAP a rapporto orario in barba alla necessità, non ideologistica, di incrementare l’autonomia decisionale e gestionale degli attuali medici di base e delle loro comunità di assistiti.

La stessa istituzione dell’ONU quando deve ipotizzare un nuovo modello urbano o territoriale che debba garantire la dimensione “giustizia” in quell’area (es.: la fruizione dei servizi), ragiona su cellule/quartieri completamente autonomi (20-30.000 abitanti) pur interconnessi tra di loro (vedi progetto dell’UNDP - United Nations Development Programme - del Regional Bureau for Arab States e dell’Università IUAV di Venezia per ricostruire Gaza 2024).

Nell’AIR si tende invece a eliminare l’autonomia e le diversità con una omologazione in nome di un presunto primato di modello assistenziale territoriale che nega in partenza le basi del processo decisionale autogestito, dell’imprevedibilità, della fantasia, della ricchezza tipiche dei comportamenti sperimentali delle comunità che necessitano di tempo, di durata, di ripetizione, di pausa, di ritualità. Tutte caratteristiche alternative alle prestazionalità aziendali mascherate da obiettivi incentivati e monetizzabili.

Se l’ONU, quando affronta temi come quelli della riorganizzazione ambientale, considera contendibile l’ipotesi di un “ritorno al futuro” cioè di recuperare modelli pregressi di socialità e sostenibilità ( compossibilità) perché non è possibile progettare di ritornare, in ambito sanitario, ad un Servizio Sanitario Nazionale Unico, all’abolizione dei Sistemi Sanitari Regionali, all’abolizione dei Distretti e delle AUSL, alla costituzione dei comitati di salute pubblica, alla riattivazione delle USL, alla cooperazione tra consorzi comunali, a responsabilità politiche diretta di soggetti appartenenti alla comunità stessa ed inseriti nei territori ecc. ? In caso contrario sarà lo stesso neoliberalismo che, purtroppo, spazzerà via, in favore di una privatizzazione, tutta la polvere accumulata sotto il tappeto da apparati e sistemi burocratici. Purtroppo, perché, dal punto di vista professionale, un conto è essere convenzionato con un Servizio Sanitario Nazionale Unico che comporta una posizione economico-sociale, un altro è essere dipendente di una cooperativa che potrebbe portare all’ulteriore impoverimento (proletarizzazione) del cosiddetto ceto medio rappresentato, in quota parte, dai medici.

Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV

17 ottobre 2025
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L’estetica e il ragionamento abduttivo possono educare alla categoria etica della possibilità

03 OTT - Gentile Direttore,
da alcuni mesi, attraverso gli articoli e le conferenze, il prof. Ivan Cavicchi ha sollecitato la descrizione di idee relativa all’ “exit strategy” da ciò che, più volte, lo stesso professore ha definito incapacità e tradimenti. Con alcuni componenti del nostro Centro Studi abbiamo partecipato al Convegno di Verona del 27 settembre 2025 che aveva come titolo generale “La riforma della sanità territoriale: guardare al futuro con consapevolezza”. Al Centro Studi di Comunità Solidale Parma ODV è stata affidata la relazione “Diritto alla salute o diritto al vivere: un impegno morale verso i cittadini” che ci ha impegnati a lungo nella preparazione perché si desiderava presentare un “pensiero pensato” (Plotino) con la malcelata ambizione di poter offrire un moto di cambiamento pur nella sintesi necessaria ad un evento di questo tipo.

Non si può negare che il semplice cittadino già immerso in un mondo in rapido cambiamento venga ulteriormente sfibrato da un linguaggio forzatamente settoriale (AFT; UCCP; Ospedali di Comunità; CdS; CdC; HUB; SPOKE; MMG a ciclo di scelta ; MMG ad attività oraria; COT; CAU; Ospedalieri che fuggono dalle strutture per diventare medici di base – come da concorso regionale per il Corso di Formazione in medicina generale della E-R e Medici di base che aspirano a diventare dipendenti; l’incredibile interpretazione del termine “prossimità” contenuto nel documento europeo NextGenerationEU con il concetto modaiolo e speculativo di Casa della Comunità ecc.).

La “Dissonanza Cognitiva”, a fronte di una normativa definita “riforma” (DM77 e dagli Accordi Regionali conseguenti) è assicurata così come è inevitabile il malessere generalizzato.

In effetti è labirintico trovare un sentiero strategico innovativo in grado di orientare le nostre comunità sanitarie territoriali di quartiere insieme ai Medici di Base di riferimento quando le istituzioni, il Servizio-Sistema Sanitario Nazionale (Ssn) e il Servizio-Sistema Sanitario Regionale (Ssr) contengono vincoli normativi assoluti ( inseriti anche in Costituzione) che blindano lo status quo in associazione con le incapacità, l’impeccabile mediocrità e i tradimenti che impediscono qualsiasi innovazione sostanziale (es.: regionalizzazione, aziendalizzazione, welfare aziendale, neoliberalismo …).

Significativa è stata la pubblicazione di un articolo da parte del prestigioso Istituto Bruno Leoni (11 agosto 2025) nel quale si sosteneva che nel Ssn e nel Ssr non ci siano più cittadini ma sudditi … questo termine però viene utilizzato per descrivere regimi di potere! Non appare nemmeno corretta la comparazione con esperienze estere che avvengono in organizzazioni globali e dove non esiste una insopportabile regionalizzazione e quindi una differenziazione della giustizia sanitaria.

La Conferenza Stato Regioni è una istituzione potentissima che guida agenzie e atti di indirizzo. Il Ministero della Salute, molto fragile, svolge quasi esclusivamente un ruolo di salvaguardia dell’universalismo. Contrariamente a ciò che si sostiene il consumismo sanitario pare originare proprio nelle stesse istituzioni sanitarie regionali e locali e non dai cittadini o dai professionisti delle cure primarie proprio per la pervasiva cultura neoliberale che è ormai connaturata con ogni iniziativa amministrativa. La conseguenza è che la cultura della complessità, che dovrebbe essere il nuovo paradigma di riferimento in sostituzione della teoria neoliberale, pare non essere mai pervenuto lungo gli infinti e asettici corridoi delle direzioni gestionali ed organizzative regionali e aziendali. Anche la meritorietà dovrebbe essere il criterio qualificante in sostituzione della trapassata meritocrazia che consegna il potere a chi già lo ha senza nessun ricambio generazionale (è sufficiente controllare gli organigrammi aziendali).

Piani strategici sono stati elencati numerose volte nelle pubblicazioni dello stesso Prof. Ivan Cavicchi. Da parte nostra, a suo tempo, era stata ipotizzata addirittura una azione bipartisan per salvare il salvabile ma la polarizzazione politica, impegnata su altro, impedisce di riflettere sulla salute che pare interessare proprio a pochi.

In questo contributo preferiamo pertanto argomentare una estensione della teoria della complessità che, come è noto, si occupa dei sistemi formati da un grandissimo numero di elementi interagenti che si autoregolano e che possono evolvere in esiti completamente imprevedibili ed inattesi. Tutto ciò comporta l’assenza di un'unica verità o di un pensiero unico o della presenza di un solo percorso (es.: il concetto di prossimità tradotto dal PNRR con il pensiero unico delle Case della Comunità è palesemente una contraddizione in termini).

La cultura dei sistemi complessi aiuta le persone di buona volontà a comprendere come si dovrebbe convivere invece con i molti fenomeni inaspettati e l’assenza di pensieri unici o rigidi. Sia che si tratti di una persona, di una comunità o di una galassia o dell’intero universo. Da questo punto di vista diventano elementi valoriali le piccole comunità (mai più di 30.000 persone come da decreto Balduzzi), l’autonomia organizzativa e gestionale della medicina di base, l’abolizione delle Aziende e del potere regionale, la cancellazione delle leggi delega in sanità…

La vera prossimità non è una struttura muraria in conto capitale ma una organizzazione intellettuale perché, nel momento del bisogno, non è tanto la logistica del servizio a portata di mano che conta, è molto più importante essere curati molto bene ed essere presi in carico addirittura benissimo. Creatività, capacità di sorprendere, una visione olistica del sapere, la co-operazione, le abilità computazionali, l’immaginazione, le programmazioni avveniristiche saranno abilità che verosimilmente apparterranno alle nuove generazioni competenti nella teoria complessità.

La loro più importante inclinazione sarà quella di passare dal cotesto “conosciuto” all’antecedente sconosciuto (ragionamento logico dell’abduzione che contiene anche la deduzione e l’induzione) avranno l’ardire di fare ipotesi sorprendenti, impreviste, creative, contestuali, senza il giogo dato da certezze e verità stantie, protocollari o normative.

Questa nuova stagione di exit strategy mostrerà la vera ricerca scientifica/antropologica, non di coorte, che inizierà proprio dalla medicina generale territoriale dove la prassi quotidiana sosterrà la messa in discussione delle certezze. “Sorprendentemente” gli orizzonti e le esperienze diverranno enormi e saranno rese solide dall’alleanza professionisti/assistiti/volontariato. L’appropriatezza di per sé non esiste è sempre stata una esigenza aziendale/neoliberale. Un MMG leader e autorevole, con la conoscenza diretta delle persone, può invece nel tempo raggiungere una sostenibilità economica impensabile tanto da essere re-investita. Finalmente i dati raccolti nel tempo dai mmg (e non dalle aziende) dimostreranno che le cure primarie saranno perfettamente sostenibili, che vi saranno fondi aggiuntivi derivanti dalla consapevolezza diffusa nel quartiere e dalla economia reale.
Gli assistiti considereranno i loro MMG punti di riferimento anche etici ed estetici consapevoli che la vita rappresenta la massima complessità immaginabile perché gratuitamente appare e gratuitamente scompare.

Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV

03 ottobre 2025
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Diritto alla salute o diritto al vivere

Sabato 27 settembre 2025 il Dott. Bruno Agnetti ha preso parte al convegno “La riforma della sanità territoriale: guardare al futuro con consapevolezza”, svoltosi presso la Sala Salieri di Veronafiere, con un intervento dal titolo “Diritto alla salute o diritto al vivere”, riportato di seguito.

DIRITTO ALLA SALUTE O DIRITTO AL VIVERE - Bruno Agnetti