Frammentazione del pensiero
08 MAG - Gentile Direttore,
i recenti contributi di A. Giustini (… come navigare nel vuoto spaziale, QdS, 5 maggio 2025) e di G.Pizza (… rimuovere le contraddizioni del SSN, QdS, 6 maggio 2025) hanno aiutato a riflettere sulle criticità organizzative “superficiali” e sulla confusione esistente tra una idea di riforma (I. Cavicchi) e una tecnicità pareggiabile o comparabile detta problem solving.
In alcune regioni considerate “modello” si sono verificate nell’arco di 15 anni talmente tante revisioni organizzative-assistenziali da portare inevitabilmente ad uno stato di profondo disorientamento i professionisti e gli assistiti.
Nel 2010 vede la luce un primo documento regionale sull’organizzazioni delle Case della Salute che risente delle considerazioni in atto, in quel momento, tra Conferenza Stato-Regioni (commissione sanità), Agenzie e Ministero.
Nel 2012 infatti, anche per quanto in discussione in ambito della Conferenza Stato-Regione, viene emanato il Decreto Balduzzi che formalizza i concetti di UCCP (Unità Complesse di Cure Primarie individuate per un ambito di circa 30.000 assistiti) e di AFT (Aggregazioni Funzionali Territoriali). Ogni regione poi darà interpretazioni proprie a questo decreto modificando il significato di UCCP in Case della Salute e di AFT in NCP (Nuclei di Cure Primarie).
Nel 2013 Deliberazioni Assembleari Regionali inseriscono la possibilità di considerare nelle UCCP o Case della Salute anche “letti territoriali “da cui poi si svilupperà l’idea degli Ospedali di Comunità.
Nel 2015 documenti inerenti le linee di indirizzo per l’assetto organizzativo delle Case della Salute regolarizzano la partecipazione delle comunità e delle associazioni dei cittadini alla vita della Case della salute (nulla a che vedere con un vero coinvolgimento ai vari livelli dei processi decisionali di professionisti e assistiti).
Nel 2016 vengono diffuse le indicazioni regionali per il coordinamento professionale all’interno delle Case della Salute con una suddivisione “a silos” delle aree professionali come se fossero reparti nosocomiali (vera e propria controriforma).
Nel 2017 partono alcuni programmi regionali formativi che vorrebbero promuovere l’integrazione multiprofessionale nelle case della salute ma che rinforzano le posizioni gerarchiche.
Nel 2018 gli Assessorati Regionali della Sanità di alcune regioni “esempio” ribadiscono che la popolazione di riferimento per una casa della salute grande deve contare circa 30.000 assistiti.
Nel 2020 il Next generation EU evidenzia come sia urgente la necessità di addivenire ad un rinnovamento dei sistemi sanitari nazionali indicando l’obiettivo della “prossimità” come intento principale.
Nel 2021 si approva il PNRR che, per quanto riguarda la sanità, nella missione 6, interpreta il concetto di “prossimità” uniformandosi, senza flessibilità, alla tesi, improvvisamente di moda, delle “Case della Comunità” cancellando con un colpo di spugna tutta l’elaborazione intellettuale e culturale sulle Case della Salute valutate negli anni precedenti da professionisti, intellettuali, comunità e società civile. Per inciso non sarà superfluo ricordare che tra servizi raccomandati, facoltativi ed obbligatori nessuna Casa della Comunità (hub o spoke) può superare il modello Casa della Salute detta “grande”.
Nel 2022 il DM 77 definisce un modello di assistenza sanitaria territoriale confermando il pensiero unico (Case della Comunità, Ospedali di Comunità, COT) e dimostrando di fatto l’incapacità di trovare una vera idea innovativa e riformatrice. A suo tempo non era stato possibile rifornire tutte le AFT di una Casa della Salute e così, oggi, non vi saranno Case della Comunità per tutti i territori e, di nuovo, si creeranno discriminazioni assistenziali e professionali.
Nel 2025 alcune voci, che originano dai corridoi dei palazzi che contano, sembrano annunciare iniziative di accorpamento tra AFT al fine di costituire nuovi ambiti territoriali più ampi dove vi sia, almeno, una Casa della Salute o una Casa della Comunità al fine di attuare le indicazioni del DM77. Tuttavia in questo modo si alterano le norme inerenti il numero di assistiti massimo per AFT e dei relativi professionisti. Paradossalmente questi eventi, considerati trascurabili tecnicismi per le alte dirigenze, confermerebbero la “legge” tipica dei sistemi complessi nei quali, anche variazioni iniziali minime possono però provocare risultati finali completamene inattesi, irrimediabili, catastrofici. Degno di nota, a riconferma di assenza di “pensieri pensati”, è il fatto che, nelle regioni considerate “modello”, proprio in quest’anno 2025, siano riapparsi e menzionati concetti come AFT e UCCP che si rifanno al decreto Balduzzi del 2012.
In tema di “accorpamenti” la ricerca di M. Mariani, A. Acampora e G. Damiani, pur datata (2017), aiuta a considerare come, partendo da alcune evidenze, i benefici attesi dagli accorpamenti sanitari, di vario tipo, sono stati disattesi generando ulteriore distanza tra le autocrazie regionali e professionisti/cittadini/assistiti. Le motivazioni che muovono le “fusioni” sarebbero di tipo economico e politico mentre l’aspetto assistenziale resta relegato nell’ombra. Non emergono risultati statisticamente significativi sull’efficacia clinica, preventiva, assistenziale, sull’accessibilità e sul coinvolgimento dei professionisti. C’è la percezione di un peggioramento nell’erogazione dei servizi. Non vi sarebbero quindi automatismi tra aumento delle dimensioni dei bacini di utenza ( es.: AFT o Aziende Uniche) e il miglioramento delle performance sanitarie.
Come volevasi dimostrare la macchina del così detto controriformismo e del neoliberalismo aziendale continua la sua folle corsa sostenuta da una selva di normative emanate dalla piramide gerarchica (accordi, intese, delibere, circolari, patti, norme transitorie, deroghe, interpretazioni, contraddizioni, sovrapposizioni normative…). Non c’è il minimo spazio per autocritiche, ripensamenti, confronti. Non ci sono speranze a breve. Forse saranno le nuove generazioni (Livia avrà un diritto pieno?, QdS, 24 aprile 2025) che troveranno modalità sostanziali (modifiche costituzionali?) al fine di sostituire califfati e mandarinati con comitati di salute pubblica, collegi territoriali, comunità, AFT e competenze computazionali autonome. Nel frattempo però il vassoio d’argento sembra già preparato per offrire una favorevole entrata in campo delle aziende private nei servizi sanitari territoriali e, in particolare, nella medicina generale di base.
Bruno Agnetti
Centro Studi Programmazione Sanitaria (CSPS) di Comunità Solidale Parma ODV
08 maggio 2025
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