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Casa della Salute/Casa della Comunità: una guida ad hoc

 

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Un piccolo vademecum redatto da Bruno Agnetti medico di medicina generale, Parma, sulle strutture organizzative prossime venture su cui vertono ancora numerose incertezze e perplessità. Un racconto, ovvero la narrazione delle vicende che partono dall'ACN 2005 ed arrivano fino ai nostri giorni strettamente confinati al campo dell'organizzazione e delle relazioni tra Mg e istituzioni.

Come organizzare una Casa della Salute/Casa della Comunità senza massacrarsi la vita". Questo è il sottotitolo 'esaustivo' della "Guida alla Casa della Salute/Casa della Comunità da Pnrr 2021" redatto dal medico di medicina generale Bruno Agnetti di Parma e membro del Centro Studi Programmazione Sanitaria della Fismu dell'Emilia-Romagna.

Un vademecum sulle strutture organizzative che si potrebbe collocare alla fine della cascata epistemologica (paradigma, dottrina, disciplina) ispirandosi ad autorevoli

Autori tra cui il Prof. Ivan Cavicchi e alle sue argomentazioni sui problemi sanitari. Forse proprio all'interno dell'apprendimento applicato (disciplina) può essere inserito l'aspetto organizzativo dell'ambito medico-sanitario che oggi vede come "tendenza del momento"la questione delle Case di Comunità con le sue numerose incertezze, contraddizioni, affermazioni, ripensamenti, dilazioni e quant'altro.

Il Centro Studi di Programmazione Sanitaria della Fismu-Emilia Romagna ha raccolto un sintetico insieme di dati, esperienze e relazioni inerenti i temi delle aggregazioni monoprofessionali, pluriprofessionali e multisettoriali territoriali. 

Si tratta in pratica di un racconto, della narrazione, delle vicende che partono dal ACN 2005 ed arrivano fino ai nostri giorni strettamente confinati al campo dell'organizzazione e delle relazioni Mmg/istituzioni. Tutta l'esposizione contenuta nella "Guida" è un resoconto dell'abitudine quotidiana "dello zappare la vigna" che è data ai Mmg (fino ad oggi). 

L'argomento non viene sviscerato nella sua complessità, ma presenta, volutamente, qualche suggerimento schematico per chi si dovesse trovare ad intraprendere una simile avventura all'interno della ridda di documenti, a volte contrastanti, che intendono disegnare il futuro dell'assistenza socio-sanitaria territoriale. Raccontare la storia di alcuni colleghi che hanno operato in Emilia Romagna, in un arco temporale che copre circa 20-30 anni, può essere una modalità per conoscere l'ambiente lavorativo del medico di medicina generale che oggi si trova di fronte alla necessità (per la sua sopravvivenza) di affrontare un enorme trasformazione ontologica per riconquistare una propria impareggiabilità istituzionale considerato che il gradimento nei suoi confronti da parte dei cittadini rimane sempre molto alto.

 

Come procurarsi la 'Guida'

La casa editrice "Lennesima" provvede alla distribuzione on line del testo cartaceo o della versione in PDF anche al di fuori dell'Emilia Romagna, con il sistema "Trainingweb" https://www.trainingweb.it/product/libro-cartaceo/

ed è contattabile al seguente indirizzo: LEN Golfo dei Poeti, 1/A, 43126 Parma; Tel.: 0521 028 455.


DM71: sarà vera riforma?

DM71: sarà vera riforma?

di G.Campo, A.D’Ercole, A.Chiari, B.Bersellini, B.Agnetti

26 APR -

Gentile Direttore,

premessa impone di porre il testo del caro Prof. Cavicchi “La scienza Impareggiabile”, senza discussioni, caposaldo di ogni argomentazione che voglia affrontare ontologicamente la questione medica. Poi c’è la quotidianità (un recente esempio tra gli innumerevoli possibili è dato dall’articolo del collega Enzo Bozza: Ancora i peones?, arguto e tuttavia affranto). E’ la consuetudine di trascinare le “scarpe grosse” nei meandri limacciosi ed indecifrabili delle Aziende USL. Questi presidi “prefettizi” degli assessorati regionali, producono, ogni giorno, incremento dei compiti, piccole e apparentemente trascurabili disuguaglianze, differenziazioni assistenziali e professionali. Quando si addizionano gli avvenimenti apparentemente irrilevanti, azienda per azienda, la somma delinea una vera e propria calamità. Il paradosso è che comunque sono disparità operative assolutamente legali perché ogni azienda ed ogni assessorato bada molto bene a proteggersi con delibere e circolari votate a maggioranza schiacciante. Alcune aziende hanno attivato negli anni progetti assistenziali finanziati, formalmente ineccepibili ma inopportuni dal punto di vista politico sanitario, che hanno coinvolto un numero di colleghi rappresentati da meno delle 5 dita di una mano.  Altre aziende hanno dimostrato di non avere contezza dei diversi contratti stipulati negli anni, (variabili significative dal punto di vista economico), con le varie aggregazioni di mmg (es.: Case della Salute ora Case delle Comunità… ma quest’ultime non ancora entrate in produzione).

“Cosa è successo? Niente” racconta Jannacci nella canzone “il bonzo”.

Evidentemente è velleitario ipotizzare l’abolizione delle Ausl con un ritorno alle Usl e affidare a queste istituzioni compresi gli assessorati alla sanità (80% circa del bilancio di ogni regione) solo ruoli di garanzia e di salvaguardia dell’universalismo. Insieme dovrebbero essere cancellate tutte quelle occasioni sospette per pratiche consociativistiche che hanno alla fine sfigurato la professione. Occorrerebbe ritornare a riconoscere massimo valore alla meritorietà virtuosa abbandonando la tradizionale meritocrazia spesso autoreferenziale. Già solo questo rappresenterebbe una riforma minima ma indispensabile. Così come può essere considerata una parte di questa innovazione vitale il fatto che i colleghi medici e sanitari che desiderassero entrare a far parte di una aggregazione territoriale organizzata in team condividano preventivamente e in autonomia processi e progetti.

In caso contrario l’inevitabile sfacelo a cui forse assistiamo esige urgentemente una “quarta riforma” ma forse anche una quinta o una sesta e “po se sa no” direbbero a Milano. Sbalorditiva la recente accelerazione del Governo che ha dato il via libera al cosiddetto DM 71 pur senza l’intesa con le Regioni. Peccato che il nuovo Decreto trascinerà con sé tutte le contraddizioni che da anni porta i professionisti ad appellarsi ad una riforma che sia tale.

Ad esempio: una riforma reale dovrebbe sancire autonomia dal sistema  regionale e dalle AUSL;  riconoscere un trattamento  economico  adeguato; programmare una pianta organica corrispondente alla riduzione dei posti letto ospedalieri e alle sempre più precoci dimissioni;  ricercare una responsabilizzazione di impresa convenzionata con il SSN; garantire la libertà di aggregazione tra professionisti motivati;  offrire le tutele; garantire  libera scelta e rapporti fiduciari; abolire gli ambiti territoriali; inserire l’istituto dell’affiancamento paritario;  esortare le aggregazioni e i singoli, eventualmente collegati funzionalmente,   ad una sana concorrenza virtuosa nella sfera della qualità assistenziale in co-operazione con tutti gli attori  del territorio; dare un senso concreto alle Case della Salute (se diventeranno Case della Comunità) e offrire una logica a quelle strutture  che vengono definite “Ospedali di Comunità” che rischiano per davvero  di diventare un clamoroso ossimoro realizzativo in quanto l’OSCO, da quanto si legge, potrebbe non essere logisticamente posto all’interno del perimetro della comunità di riferimento.

Il paradosso sommo della questione DM71 sta poi nel fatto che il recente ACN, già a suo tempo firmato dalle OOSS, non è ancora stato pubblicato sulla GU così che ci si trova nella situazione incredibile di avere una normativa o un documento applicativo (DM) senza il testo ufficiale di riferimento (ACN).

La qualità assistenziale delle nostre comunità, sempre più complesse, richiede beni comuni accessibili universalmente “non rivali e non escludibili” senza l’inarrestabile incremento burocratico di ulteriori compiti. Le piccole comunità sono terreno fertile per possibili sperimentazioni riformatrici.  L’atteggiamento di certe istituzioni sovraordinate alle persone e ai professionisti richiama apertamente il concetto, (se consideriamo anche gli enti pubblici delle unità), dell’individualismo se non quello del singolarismo. Quando la gestione viene orientata da questi atteggiamenti si assiste ad una riduzione dei beni comuni fruibili (V. Pelligra, il Sole24Ore, 24 aprile 2022) e dello spirito di co-operazione con esiti sociali pessimi perché i beni pubblici/comuni vengono distrutti.

Così in una improbabile riforma che avversasse gli attuali decisori (Assessorati e Aziende) dovrebbe progettare da capo istituzioni e organizzazioni più rispettose e fiduciose dei professionisti e degli attori di tutte le assistenze primarie di per sé già in grado, da sole, di creare opportunità di co-operazione ed interazioni non gerarchiche tali da produrre ed arricchire il bene pubblico.

Anche una adeguata rivisitazione e relativa semplificazione della remunerazione è auspicabile prendendo atto che il “vecchio” sistema incentivante confuso e generatore di gravi differenziazioni, non più accettabili, ha completamente dimenticato che oltre agli incentivi economici relativi agli obiettivi regionali e aziendali esistono anche le incentivazioni immateriali fortemente originate dall’autonomia organizzativa e gestionale (equità, qualità, trasparenza, trasmissibilità, consenso, gradimento, apprendimento, complessità ecc.).

Se nel recente intervento del Presidente Nazionale della FNOMCeO è stato evidenziato come sia allarmante la volontà di molti colleghi di lasciare al più presto la professione, (in particolare nella medicina generale territoriale), è possibile che queste convinzioni siano avvalorate da una o due giustificazioni e, secondo quanto già elencato, alcune di quelle motivazioni che spingono i professionisti alla resa potrebbero superare di molto le problematiche (pur allarmanti) economiche.

Giuseppe Campo, Alessandro D’Ercole, Alessandro Chiari, Bruno Bersellini, Bruno Agnetti

CSPS (Centro Studi Programmazione Sanitaria)

FISMU (Federazione Italiana Sindacato Medici Uniti), Regione Emilia-Romagna

26 aprile 2022
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Casa della salute anteprima

Salute e assistenza al centro del webinar Parma 22 32

Si è svolto mercoledì sera il secondo dei tre webinar tematici dedicati al welfare di Parma 22 32, il laboratorio aperto che promuove l’elaborazione di alcuni tra i temi chiave per la Parma del futuro, coordinato da Caterina Bonetti, Chiara Bertogalli e Manuel Marsico.

Dopo il primo incontro dedicato al tema delle persone con disabilità, nella serata di mercoledì è stato affrontato l’argomento Case di quartiere – Case della salute con la partecipazione di Erika Mattarella, della rete Case di quartiere di Torino, il dottor Bruno Agnetti, medico e consigliere comunale, l’architetto Michele Ugolini, docente del Politecnico di Milano con il coordinamento di Caterina Bonetti.

Erika Mattarella ha introdotto l’argomento illustrando la case history delle case di quartiere: dalla loro nascita, in ottica di riqualificazione e attribuzione di nuove funzioni di spazi dismessi cittadini, ai servizi erogati al loro interno. Una storia di spazi aperti a tutta la cittadinanza, polifuzionali, dove trovare corsi di formazione, attività di doposcuola, appuntamenti ricreativi per tutte le età, servizi di prossimità, dove potersi incontrare per un caffè o un pranzo, ma anche per utilizzare una sala adibita ad auditorium per uno spettacolo o un incontro pubblico. Fra i servizi erogati da una di queste case anche quello delle docce pubbliche, un’esperienza fra le poche in Italia, che consente a tanti cittadini di fruire di un servizio essenziale garantito, in piena sicurezza, anche durante il periodo Covid.

L’argomento della pluralità delle funzioni è stato affrontato anche dall’intervento dell’architetto Michele Ugolini, che ha esposto alcune buone pratiche legate alla realizzazione di case della salute nel territorio emiliano, confrontando le esperienze e sottolineando come scelte improntate all’inserimento, all’interno dei "contenitori" di servizi di prossimità non solo di tipo sanitario, sia fondamentale per rendere davvero efficaci gli interventi e dare un senso a questi spazi.

"La salute è una nuova questione identitaria che tocca tutte le persone e si deve coniugare con la salubrità dell’ambiente in cui viviamo. L’obiettivo deve essere quello di ridefinire l’approccio alle Case della Salute per la comunità, in particolare quelle urbane: non più solo centri di erogazione di servizi sanitari ma nuove e importanti occasioni di rigenerazione sociale, urbana e ambientale dove coltivare salute nei quartieri in raccordo con un vasto mix funzionale di attività pubbliche. Nodi di innovazione sociale e sanitaria, nuovi spazi in città più salubri per rispondere alle tante fragilità fatte emergere dalla pandemia. Luoghi identitari, aperti ai cittadini, integrati con il volontariato e le associazioni. Potremmo definirle biblioteche di cultura della salute in cui promuovere il benessere psicofisico delle persone e corretti stili di vita. Con il Politecnico, attraverso il programma Polisocial Award, stiamo elaborando una ricerca dal titolo Coltivare_Salute.Com che vuole rispondere alle lacune e alle vulnerabilità di tipo spaziale, sociale, organizzativo e comunicativo delle Case della Salute per la Comunità al fine di rafforzare, attraverso la loro localizzazione e una ridefinizione degli spazi interni, nuove centralità urbane nelle periferie delle nostre città. Lo shock provocato dalla pandemia ne costituisce l’occasione fondamentale, anche dal punto di vista dei finanziamenti".

Il dottor Bruno Agnetti ha poi illustrato, grazie alla sua esperienza ormai di lungo corso nella progettazione di servizi sanitari di prossimità, le principali caratteristiche delle case della salute di grandi, medie e piccole dimensioni. Le attività che possono trovare spazio al loro interno, legate non solo alla cura, ma anche alla prevenzione e alla educazione ai corretti stili di vita, le opportunità che una gestione condivisa degli spazi e delle attività può offrire anche in ottica di un cambio di modalità relazionale fra medico e paziente.

"La riforma dell’assistenza territoriale di base nonostante l’importante innovazione culturale delle Case della Salute non è ancora compiuta, come anche la pandemia ha dimostrato, soprattutto per quanto riguarda la co-operazione tra le varie professionalità e l’inserimento nelle comunità di riferimento. In effetti trovare un’innovazione organizzativa territoriale della medicina di base contestuale alla comunità di riferimento corrisponderebbe a scoprire un nuovo farmaco efficace per la cura dei tumori o allo sbarco sulla luna" ha sintetizzato in chiusura  Agnetti, auspicando che un lavoro efficace, ma soprattutto di ampie vedute possa essere realizzato quanto prima, anche sulla scorta delle esperienze maturate in questo periodo pandemico.